L’elettrico parla cinese: è il Dragone la nuova patria dell’e-mobility.

Se per decenni sono stati i costruttori europei, giapponesi e americani a contendersi quote di mercato e primati tecnologici, ora l’avvento della mobilità elettrica ha proiettato la Cina nell’Olimpo dell’automotive.

Del resto non è un segreto che l’auto elettrica stia cambiando drasticamente i rapporti di forza all’interno dell’industria automobilistica mondiale.

Secondo quanto riportato nell’ultimo White Paper di Repower dal titolo La mobilità sostenibile e i veicoli elettrici oggi la Cina è il secondo Paese al mondo, dopo gli Stati Uniti, per entità degli investimenti in e-mobility (dati McKinsey aggiornati al 2018).

Attualmente le aziende coinvolte sono una sessantina, numericamente le stesse della Germania, ma l’investimento è venti volte più elevato, e – dato ancor più significativo – non riguarda necessariamente aziende produttrici di automobili, anzi.

Oltre il 90% del denaro arriva da imprese attive nel settore tecnologico, da venture capitalist e da operazioni di private equity, a dimostrazione del crescente peso della componente digitale (anche) nel settore automotive.

All’ammontare dei fondi provenienti da aziende private, vanno poi aggiunti i 4,8 miliardi di euro di sussidi governativi, elargiti nel solo anno 2017.

Per quanto riguarda la diffusione di veicoli elettrici, cita Repower, attualmente il Dragone Cinese si posiziona subito dopo Norvegia e Svezia, i Paesi più avanzati nel comparto. La Repubblica Popolare è, però, il primo mercato mondiale.

Vale quanto Europa e Stati Uniti messi insieme.

È importante sottolineare anche l’aspetto politico e sociale di questa tendenza. La sempre maggiore diffusione di veicoli alimentati a energie alternative rientra nella strategia “MIC (Made in China) 2025”, l’iniziativa del primo ministro Li Keqiang per rendere l’industria cinese indipendente dai brevetti stranieri.

Non solo, rientra tra le misure a contrasto dell’inquinamento, una delle maggiori piaghe per il Paese.

Sono ormai sei anni, infatti, che la Cina è impegnata a cercare di invertire i danni derivanti da oltre trent’anni di crescita economica sfrenata e di placare così i timori dei cittadini, preoccupati per lo stato di salute dell’aria, del suolo e dell’acqua.

Per questo motivo, in città come Shanghai e Pechino da anni non è più possibile immatricolare auto nuove, semplicemente acquistando un modello, come in quasi tutti i paesi del mondo. Per ottenere le targhe si deve partecipare a una lotteria (Pechino) o a un’asta (Shanghai), mentre per chi acquista un veicolo elettrico la targa… è gratuita. Nelle grandi metropoli cinesi sono inoltre stati proibiti gli scooter termici, oggi l’enorme flotta di motorini che attraversa Shanghai e Pechino è unicamente elettrica.

Insomma, pare proprio che la Cina abbia messo il turbo, e che si prepari a vincere la corsa all’e-mobility globale.